Alla fine della seconda guerra mondiale la popolazione mondiale si aggirava, al netto delle perdite causate dalla guerra , intorno ai tre miliardi di individui.
Oggi, ancora alle soglie del ventunesimo secolo, gli esseri umani che vivono su questo pianeta si contano in otto miliardi circa, in una crescita esponenziale che prevede di arrivare alla fine del secolo addirittura a dieci; Difficile immaginarne la sostenibilità nel tempo. Ancora più folle capire che rispetto alla vastità di questi fenomeni, le nostre campagne rimangono in gran parte legate a modelli agricoli del secolo passato:
Chiunque passeggi nelle campagne dell'entroterra siciliano resta ammaliato in prima battuta dalla vastità degli spazi che si allargano all'orizzonte, dal mareggiare dei campi di grano al vento, dal rosso vivo dei tramonti che orlano le curve delle catene montuose che cingono lo sguardo; E dalla totale assenza di spazi alberati.
Gli anni venti videro contiguamente all'ascesa del fascismo, il tentativo di raggiungere il pieno sostentamento autarchico della nazione; il che concretamente si tradusse non solo nella traduzione delle paludi bonificate in terre fertili, ma anche - specialmente al sud - nell'espoliazione di ogni terra utile dal proprio patrimonio arboricolo, per sottoporla alla semina di grano duro, a dispetto della propria eventuale misera resa. Operazione di cui fu oggetto anche la nostra campagna. Sottolineare gli effetti nefasti di questa operazione, figlia dei suoi tempi, sembra quasi superfluo: terre soggette a frana, impoverite, sempre più incapaci di trattenere - come di attrare - le acque piovane.
Quale possibilità dunque resta ad una agricoltura chiamata alla sfida di nutrire un numero sempre più alto di persone?
Cosa resta ad una agricoltura che, nel nuovo millennio, voglia farsi carico del fardello morale che le compete nella lotta ai cambiamenti climatici che incombono sul nostro pianeta, ma che allo stesso tempo deve - conti alla mano - far fede alla necessità di guadagnare abbastanza da provvedere alla propria sopravvivenza?
Paradossalmente, uno stimolo a questa risposta viene dalla tanto odiata globalizzazione, croce di ogni piccola azienda agricola. Su un territorio vocato da secoli alla coltura cerealicola, investito dalla concorrenza al ribasso medio orientale e africana, serpeggia una domanda: che fare?
una sola risposta possibile: ottimizzare. Ottimizzare come terra comanda.
Questa è la sfida che i tempi impongono alla nostra azienda, e questa è stata la nostra risposta: accompagnarla in un percorso di transizione che dalla monocoltura cerealicola, e foraggera passi ad un sistema misto, unendo al pregresso delle nuove colture arboricole, congeniali alla natura ed alla tradizione del nostro territorio.
Da tutto questo parte la nostra nuova avventura: abbiamo già piantumato trecento olivi e duemila e duecento mandorli di varietà autoctona mediterranea, da inserire in un percorso chiuso di filiera aziendale.
Per noi;
Per la salvaguardia dell'ambiente;
per te.
sperando in un futuro bello come il mandorlo in fiore, ricco come il suo frutto.
Che speriamo di degustare presto in tua compagnia.
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